La ragazza senza nome - Jean Pierre e Luc Dardenne (2016)




Jenny è un medico, essere responsabile per l’altro costituisce l’assillo portante della sua professione. Eppure anche lei, come tutti, si distrae. La distrazione è una forma di assenza che puntella molti tratti della nostra vita, innescata per lo più da sentimenti miseri ed effimeri, istintuali e imbarazzanti. E’ sull’onda di un fuggevole, cocciuto senso di frustrazione che Jenny esce dai propri panni. Per pochi secondi s’allontana da sé, dalla realtà contingente, e compie un piccolo atto estraneo, che non le somiglia, che non è da lei. Imprevedibilmente, subdolamente, una convergenza di eventi dilata la portata del gesto. Scorgo qui, come ovunque si intreccino fatalità e responsabilità, l’ombra di Kieslowski. Ma a dispetto del fato, del qualcosa che spinge esistenze sconosciute una addosso all’altra, una dentro l’altra, quello dei Dardenne è ancora un cinema della concretezza. Niente, nei film firmati da questi registi, sfugge alla tirannia della materia e del suo peso. Vivere è una faccenda gravosa, resa estremamente palpabile dall’assedio delle consuetudini, delle necessità, delle cose da fare. I personaggi si svelano anche nell’aridità dei capelli, quindi nella soluzione di lavarli, nella stanchezza, quindi nel tentativo di riposare. Infine, innanzitutto, nei percettibili guasti dell’animo, quindi nelle strategie fisiche, estenuanti, concrete per ripararli. Lungo il duro percorso che la porterà a ritrovare l’identità della “fille inconnue”, ovvero della ragazza morta vicino al mare, ma anche di se stessa, Jenny ci parla attraverso le corse da un posto all’altro, le sigarette consumate nelle notti insonni, l’abuso funzionale del cellulare. Oggetto attrattivo della messa in scena, elemento legante del racconto, l’onnipresente cellulare sembra quasi amplificare la commovente dimensione solitaria della protagonista. Nessun compagno o compagna, genitore o amico si fa vedere né, per l’appunto, sentire (anche Julien, lo stagista, è presenza intermittente e irrisolta): Jenny lotta da sola.  
Ci sono momenti così nell' avventura di ciascuno, momenti in cui si è soli, in cui si è soli e non potrebbe essere altrimenti.


(novembre 2016)

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