Lifeline - Victor Erice (2002)

Due dei tre lungometraggi del regista spagnolo Victor Erice (il terzo per ora mi manca) raccontano le folgorazioni della crescita. In “Lo spirito dell’alveare” l’infanzia veniva restituita alla sua consistenza fragile, di fiore fiero ma facilmente calpestabile. Dieci anni dopo, in “El sur”, era il violento ingresso nell’adolescenza, lo struggersi di ingenue certezze.
Si può parlare di ossessione, con sotto gli occhi una produzione tanto esigua?
Quando ho visto tempo fa  "Lifeline", segmento del film collettivo “Ten minutes older: the trumpet”, ho avuto l’impressione che pur dandosi timidamente, scavalcando silenzi decennali, Erice abbia coltivato una personale fisima d’autore: la minaccia perenne che pende sulla vita. In undici minuti, tanto dura il corto, si ha tutto il tempo di sentirsi al sicuro, poi in pericolo, poi di nuovo al sicuro...e poi chissà. Così è la linea della vita, ora lenta, ora velocissima, ora netta, ora tratteggiata, ora scrive  “wow!”, ora scrive “no…”.


Inizio: suono: pianto d’un neonato. Eccolo lì, con gli occhietti chiusi, sereno, mentre la mamma riposa e gli uccellini cinguettano. C’illude un silenzio appena imperfetto. Una piccola macchia di sangue, a fatale forma di cuore, affiora sulla veste bianca del piccolo dormiente. Lo sgomento si aggrappa alla gola. Seguono e si susseguono istanti: un bambino disegna un orologio sul polso, un pendolo redige il tempo, c’è chi gioca, chi fa la siesta, chi è dedito alle proprie mansioni. Intanto il sangue si sparge, noi soli lo sappiamo*. Vorremmo tanto scuotere quelle quieti distratte, assopite, affaccendate. Poi il pianto, le urla, “il bambino muore!”. Postazioni e lavori abbandonati d’improvviso. Tutti sono riuniti a capannello intorno al neonato. La donna che poco prima faceva il pane, usando la pagina di un quotidiano come tovaglietta, ora sutura quel che resta del cordone ombelicale, reciso male e per questo sanguinante. Lo spavento si placa con la carezza d’un canzone, finalmente interrotta la tirannia dei rumori diegetici.
La minaccia s’è dissolta, ma un’altra incombe. Il pendolo vuole l’ultimo suono. Sulla carta bagnata del giornale la cronaca di guerra: è il 28 giugno 1940, le truppe naziste sono sul confine franco-spagnolo. Due giorni dopo sarebbe nato Victor Erice.



*pura suspense, così come Hitchcock la descrisse



(novembre 2015)

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