Laurence Anyways - Xavier Dolan (2012)

L’amore tra Laurence e Fred è, come tutti gli amori, geneticamente fragile. Lo è tanto di più nei suoi tratti ossessivi, quasi claustrofili. Sembra doversi barricare, proteggere dalle aggressioni vivendo di trasgressioni: si inebria di colori pazzi, di sostanze stupefacenti, di suoni elettrici. Danza sulla precarietà del qui ed ora. Ma si concede anche l’intimità della routine domestica, le premure ordinarie della convivenza. S’affeziona al profumo fresco del bucato pulito. Si ripara nell’abitacolo di un auto, mentre fuori imperversa il diluvio artificiale dell’autolavaggio. Ed è proprio lì, così al sicuro da tutti, che subisce l’impatto inatteso di una tempesta: Laurence sta per morire. Non nel senso naturale del termine, non come quando da bambino si divertiva a trattenere il fiato fino allo stremo. Morte è iperbole di metamorfosi: Laurence sta per diventare donna.


 Cosa ne sarà allora di lui e lei?  Siamo più o meno al ventesimo minuto del film, e la risposta è lunga quanto i restanti centoquaranta . Ma come, si dirà, così tanto? Non si lasciano all’istante? Come faranno con la gente, come faranno col sesso? La fine per loro non è già scritta?

Ha dichiarato Dolan in un’intervista, citando un altro Laurence del cinema, quello che nel nome ha la vu doppia al posto della u, quello che ha la faccia di Peter O’Toole: “Niente sta scritto”. Nemmeno il destino di un amore privato delle sue fondamenta.

Laurence e Fred restano da principio uniti,  in un’ esclusione sociale che non è più romantica fuga dal mondo. Come in “Mommy”, i personaggi lottano contro gli stupidi figuranti della loro quotidianità, subiscono la villania delle istituzioni, l’abbandono delle persone care.  Crollano, si allontanano, si cercano.

Lui -seno, trucco, capelli lunghi- scrive poesie piene di lei; lei-compagno, figlio, lavoro- scrive una lettera per richiamarlo a sé. Le parole irrompono sullo schermo, carattere maiuscolo, color lilla.


Riprendono ad amarsi su un’isola ghiacciata, sotto una pioggia di vestiti appena lavati, con gli occhiali da sole e i cappotti fluttuanti. Una scena-videoclip alla Dolan, che devasta per adrenalina, gioia, bellezza.


Trascorsa l’euforia della ritrovata vicinanza, questo amore “così violento/ così fragile/ così tenero/ così disperato”*, si perde di nuovo nella riemersione del dolore, nella nostalgia di normalità.

Quando si rincontrano, anni e anni dopo l’inizio di tutto, solo ruggine. Ma in Laurence c’è un nuovo lampo di consapevolezza: ha compiuto un delitto imperfetto, non è mai “morto”. Ha resistito quella scheggia identitaria che nasce e si dissolve  con noi. Sempre uguale a se stessa, anyways.


*[Questo amore, Jacque Prevert]



(settembre 2015)

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