Lei - Spike Jonze (2013)
Mi piace meditare sui titoli. Non
conosco bene la lingua inglese, ma mi rifiuto di googlare per approfondire, lo
spasso finirebbe. Da ignorante et immaginosa quale sono, rilevo che le tre
lettere h-e-r suscitano in me sorprendenti vibrazioni. Questa parola straniera,
acquisita a scuola come un freddo vocabolo di specifica destinazione, qui
diventa materia incandescente per i miei neuroni. Mi risulta che
"her" sia traducibile come un "lei" d' approdo. Vale a dire
che se c'è una "her", ci deve essere anche qualcun altro
sintatticamente coinvolto. Questo è interessante, pone molte molte domande. Non
soltanto: cos' è "lei"? Ma anche: cos' è "lui"? E
banalmente: cos'è "io"? Di fatti, l' ultimo film di Spike Jonze è ad
alto tasso paranoide, di quelli che andrebbero evitati la sera tardi. Coinvolge
tutti, ed è appunto ciò che più destabilizza. Quando veniamo coinvolti
individualmente ci sentiamo vezzeggiati, o viceversa presi di mira: creature
speciali. Ma essere considerati tasselli dell' umanità è sempre un po'
spaventoso. Mal comune mezzo gaudio, sì, ma anche mezzo mestesso in meno (il
mestesso del qui ed ora). Il punto forse è proprio questo, ovvero la
frammentazione che comporta l' innamorarsi, nel senso più astraibile. Non so se
sia per la presenza di J. Phoenix e di Amy Adams, che hanno recitato a fianco
di P.S. Hoffman, se sia la notizia della sua recente morte che ancora mi ronza
in testa, se sia per il fatto che Jonze e Kaufman sono stati stretti
collaboratori, ma io ho pensato spesso a "Synecdoche, NY" durante la
visione. In fondo entrambi i registi hanno voluto perdersi nello stesso
busillis: la funesta mutevole intelaiatura degli incontri. Succede, anche in un
mondo senza volti, anche in mondo in cui "her" non è mai fisicamente
"here", se solo di va oltre il "Piacere sono Theodore" e le
altre cerimonie, di infettarsi a vicenda. Ci si fa a pezzi senza distruggersi,
ci si ricompone con tracce diverse. Come dice Qualcuno a proposito di Qualche
Legge: "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma".
Ebbene questa disgrazia è la nostra immensa ricchezza. Mi sono sentita anch' io
come Theodore e Amy, ogni tanto, sulla cima di quel palazzo. Assolutamente
smarrita riguardo al doveandrò, ma finalmente decrittata, come fossi stata per
troppo tempo un difficile enigma; appagata, dopotutto, dal percepire
dovesonostata.
(marzo 2014)
(marzo 2014)
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